La città risponde liberando – in modo pacifico – le strade dai violenti (quelli veri)

La solidarietà non si criminalizza.
Non ci faremo dividere da metodi repressivi subdoli.
Queste le risposte forti e chiare alle istituzioni torinesi da parte dei cittadini di tutte le fasce ed età che sono scesi in piazza ieri.

Non c’è bisogno di dirci tutto attraverso i mezzi di comunicazione, alcune cose si “sentono dentro” e sono la base della complicità e della solidarietà tra esseri umani. In cuor nostro sentivamo che, attraverso la nostra partecipazione, la “massa” di persone partecipanti al presidio sarebbe diventata “critica”…
E’ così è stato.
Dopo qualche minuto di dibattito si sentiva nell’aria la voglia di muoversi (dopotutto siamo ancora a marzo e chi pedala sa bene che in movimento il freddo lo dimentichi) e qualcuno azzarda un “ci muoviamo?”
Non c’è nessun capo, si discute e si sceglie insieme. A questo punto qualcun’altro prende il megafono e suggerisce “potremmo fare un percorso dimostrativo e recarci al famigerato incrocio dove speravano di zittire dei nostri concittadini una settimana fa!” La risposta forte, senza bisogno di megafono arriva da chi probabilmente ha vissuto le scene raccapriccianti della settimana prima: “noi adesso pedaliamo per le vie della nostra città e ci riprendiamo le strade che, non per causa nostra, non sono più vie di comunicazione ma luogo di scontro e di prepotenza”.

Il serpentone si snoda, inarrestabile, per le vie del centro. C’è di tutto: chi con la musica e i tamburelli, chi distribuisce panini “al volo” (letteralmente) e chi fa acrobazie.
Il minimo dispiegamento di “forze dell’ordine” (una decina di vigili in bici ai bordi del corteo per presidiare alcuni incroci più un paio di volanti in lontananza, sempre dei vigili) permette lo svolgersi di una manifestazione ordinata e pacifica.
Forse gli “elementi pericolosi” della settimana scorsa non ci sono più? O forse sono le stupide vili scuse e le menzogne a non esserci più, per stasera..

Molti comunicano con gli automobilisti il motivo della nostra presenza lì, alcuni sorridono e approvano, i più sono stupiti da questa situazione e ammirano gli acrobati, qualcuno si incazza. In ogni caso la “pausa” non dura più di 5 minuti ogni volta. Stranamente ieri sera ci sono stati un sacco di casi di persone che si stanno recando all’ospedale e di “mogli incinte” (facciamo gli auguri a tutti i neogenitori di oggi, venerdì 29 marzo e speriamo che tutti i malati stiano meglio!)
Qualche automobilista si giustifica “io ho bisogno dell’auto, la devo usare per muovermi!” “Anche io!” si sente rispondere da qualche partecipante alla pedalata: “è proprio per questo che sono qui: sono stufo di subire l’eccesso di traffico dovuto a chi ABUSA di questo strumento!”

L’unico episodio spiacevole è provocato da alcuni agenti in borghese a bordo di uno scooterone che si avvicinano ad una coppia con l’intento di infilarsi pericolosamente tra i pedalatori. La coppia non cede il passo come si fa (per motivi di sicurezza) con tutti (dopotutto non potevano sapere che fossero agenti né immaginare che dei poliziotti si comportassero in maniera così irresponsabile e stupida). Lo scooterone colpisce la bici del ragazzo e ne distrugge la ruota posteriore. Al pari di due sbruffoncelli ignoranti di periferia, i due mostrano una foto della settimana prima chiedendo alla ragazza se per caso fosse lei quella dell’immagine e ovviamente pretendono i documenti dei due, rifiutando (come invece dovrebbero fare) di identificarsi a loro volta. L’episodio finisce chiaramente lì e viene subito comunicato ai pedalatori in testa che nel frattempo erano già più avanti. Il fiume umano torna immediatamente indietro per solidarizzare con queste due persone.
Nonostante sia stata una pedalata per lo più tranquilla, accadimenti come questo confermano il fatto che alcune persone pensino di poter fare quello che gli pare e di essere al soldo di un’associazione mafiosa piuttosto che essere dipendenti pubblici.
Cittadini “di serie B” vengono trattati con prepotenza e i danni non vengono pagati. In Italia funziona così.

Il corteo di mezzi a propulsione umana (in tutti i sensi) termina con un momento di convivialità e saluti in piazza Castello.
Ci sembra di intuire che tutti i partecipanti abbiano ben chiara la volontà di non vedere nel prossimo e nel “diverso” un nemico di cui diffidare, legittimando magari l’operato di un’autorità che possa risolvere i problemi da essa stessa creati..
Manifestazioni come questa dimostrano chiaramente la capacità delle persone di autogestirsi e poter prendere le decisioni insieme. Forse sono questa coscienza e questa responsabilità a fare paura, più che la presenza di inventati “elementi pericolosi”.
Questa volta però eravamo tanti ed ogni possibilità di proferire menzogne e inventare teatrini è stata neutralizzata.

Non abbiamo nessuna intenzione di cedere all’idea di una vita di tensioni create ad hoc per manovrare le masse, finti nemici intorno a noi e vera repressione.
Le strade riprese, per una sera sono state luogo di condivisione e festa, mentre quotidianamente (e sotto il silenzio assenso di chi trae profitto da questo malessere) sono luogo di prepotenza e discriminazione.
Saremo sempre tanti a ribadire questo concetto.

Massa Critica Torino

Torino, 29 marzo 2019

Ringraziamo Bike Pride e FIAB per aver “diffuso la voce” e in qualche modo permesso una risposta così forte e così determinata da parte dei cittadini di tutta Italia.
Ringraziamo anche il questore per aver sensibilizzato tante persone verso temi così importanti e per averci suggerito che questioni che sembrano distanti (come mobilità e gentrificazione) sono in realtà facce della stessa medaglia che necessitano solidarietà reciproca e unione delle forze.. 😉

Pattinatori in piazza Baldissera

Acrobazie in largo Brescia

Via Po

Il questore fa il furbo… (ma nessuno ci casca)

Saremo brevi.
Le dichiarazioni del questore di Torino in merito ai fatti di giovedì sera non tardano ad arrivare.
Tra tutte due, che leggiamo sui giornali, ci lasciano perplessi per l’inconsistenza e l’illogicità:

In questo articolo il questore dichiara “Non reprimiamo chi pedala, ma lì c’erano antagonisti”, alludendo alla presenza di questi “esponenti di un luogo che non esiste più”. Il primo ragionamento deduttivo che viene in mente è “se ci sono delle persone che per qualche motivo devono essere fermate, questa cosa non può accadere (com’è ovvio) prima o dopo o in altra sede?” Ovviamente tutto questo non considerando il fatto che alla fine non sono state fermate solo queste “pericolosissime persone”.
Viene quasi da pensare che ora si “condannino” le persone per quello che sono e non per le azioni da loro fatte, e che se una persona “marchiata” frequenti un qualsiasi luogo, questa sia una scusa valida per reprimere indiscriminatamente e impunemente.
Nello stesso articolo viene sostenuto che “Alcuni ciclisti sono stati messi a terra, ma nessuno si è fatto male e tutto si è svolto in otto secondi”. I presenti hanno ben visto i bernoccoli e lo stato di chi è stato “messo a terra”.

In quest’altro articolo la dichiarazione è a dir poco inquietante: “La tensione sta aumentando ma Torino è più sicura” è un’affermazione che si contraddice da sola, anche dal punto di vista di chi dovrebbe mantenere l’ordine.
Probabilmente anche durante il ventennio la tensione era altissima ma la città era “sicura”…

Non possiamo che accogliere il supporto di Bike Pride e partecipare numerosi e determinati a non farci intimidire da questa “tensione” che sempre più somiglia ad una dittatura.

giovedì 28 marzo, ore 19 piazza Palazzo di Città
Pedalata Cittadina (aka Massa Critica)

Massa Critica Torino

Incubo di una notte di inizio primavera… (ovvero: “cosa succede a Torino?”)

Succede che nella città più inquinata d’Italia, durante una bella serata di luna piena (in effetti, complice l’inquinamento, l’inverno a Torino sembra finito da un po’…) un centinaio di persone decidono di ritrovarsi insieme per rivendicare, in modo festoso, lo spazio urbano sempre più teatro di ingiustizie e soprusi e per denunciare, scherzandoci sù, l’allarmante situazione che tutti ci colpisce.

È vero, di Masse Critiche a Torino non se ne vedevano da un po’, ma il tessuto dei rapporti intrecciati tra i liberi pedalatori (e pensatori) non si è mai sfilacciato e, anzi, si è fatto tanto fitto che, quasi inaspettatamente, oltre cento persone rispondono alla chiamata e si ritrovano, con bici (ma non solo) in piazza Castello in questo caldo giovedì sera.

Non pochi sono al loro primo raduno e, incuriositi, apprendono che la Massa Critica è un ritrovo spontaneo di una massa di persone che, quando diventa “critica” diventa semplicemente, pacificamente, inarrestabile. Una forma di autogestione totalmente orizzontale che sfonda la barriera dell’utopico per concretizzarsi nelle grigie strade delle nostre città.
Sia ben chiaro: questo ritrovo non è una scampagnata nei prati (senza nulla togliere alla bellezza delle gite fuori porta nella natura), è una rivendicazione dello spazio urbano. È il riprendersi una piccola parte dello spazio (non solo fisico) che quotidianamente ci viene tolto. Spesso coloro che hanno una visione ristretta interpretano questo raduno di biciclette come un “sopruso”, un limite al diritto di muoversi “velocemente”, senza vedere “la trave che si trova nel loro occhio” e senza capire che l’effettivo ritardo nella propria tabella di marcia non è superiore a qualche minuto.
Ma tutto questo non sta accadendo a Torino: nonostante il raggruppamento sia di una certa consistenza non c’è tensione con gli automobilisti né con altri abituali utenti del traffico. Non c’è astio.  Ai loro occhi questi “strani personaggi” non si dimostrano aggressivi ma anzi sono festosi e lo stupore nel vedere persone su bici altissime e pattinatori acrobati lascia gli “autosauri” a bocca aperta e incapaci pure di suonare il claxon.

Quello che invece accade è sconcertante e agghiacciante: le forze dell’“ordine” (tra virgolette per onestà intellettuale) cercano di provocare tensioni intromettendosi nelle situazioni di dialogo con i cittadini torinesi. I loro tentativi da “dodicenne frustrato” falliscono miseramente e questo non fa che aumentare il loro disappunto. Questa anomala situazione culmina arrivati all’incrocio tra corso Vittorio e corso Re Umberto: evidentemente abituati a fare impunemente come gli pare, alcuni agenti in borghese approfittano di un momento di giro intorno a un incrocio, mentre alcuni partecipanti comunicavano con i cittadini presenti, per scaraventare letteralmente alcuni ciclisti per terra. Immediatamente dietro di loro, da due camionette scendono decine di agenti in tenuta antisommossa.
Evidentemente lo scenario era frutto di una provocazione programmata.

Durante questo fermo si possono sentire le inconsistenti scuse delle forSe dell’ordine a questa “operazione” che riportano di fantomatiche occasioni in cui le persone fermate insultano individualmente degli automobilisti (come se tutti i torinesi che frequentano le strade della nostra città non fossero abituati a questo tipo di “folklore”..) Ma il caso più sconcertante è quello di un paio di agenti che si staccano dall’assembramento – un “fermo di massa” – con lo scopo di isolare un manifestante distante dal gruppo, sostenendo di essere stati personalmente insultati da questa persona (della serie “cazzo guardi!?”)

Finita la paradossale ed incompetente gestione “all’italiana” di un incrocio, che in una normale massa critica sarebbe rimasto bloccato per 5 minuti al massimo, ma che invece è rimasto inagibile per più di 45, e finite le intimidazioni come “tu sarai il prossimo”, la pedalata viene lasciata “libera” di proseguire.

Ma ora l’energia positiva è scemata, l’aria festosa è diventata sbigottimento, e i partecipanti rimasti (qualcuno non se l’è sentita), comunque fermamente decisi a restare uniti, hanno scelto di terminare con un momento di confronto e dialogo nei pressi del Cecchi Point.

La Repubblica posterà immediatamente un video con qualche riga di spiegazione (eliminata dopo poche ore) che descrive una “carica del tutto immotivata”. Nell’articolo uscito il giorno dopo il giornale proverà a salvarsi “in corner” giustificando la presenza massiccia di agenti con la partecipazione al corteo di persone legate all’Asilo (occupazione torinese che non esiste più e protagonista di una montatura mediatica che sta via via crollando).

Il velo di Maya è stato squarciato dagli stessi individui che provavano a dividere i manifestanti, i cittadini e le occupazioni in “buone” e “cattive”. Il risultato più diretto del “decreto Salvini” non ha tardato a mostrarsi e il messaggio è chiaro a molti: non esistono più manifestanti buoni e cattivi, esiste il fatto che se manifesti, in qualunque modo tu lo faccia, sei “cattivo” a prescindere.

Quella che è stata colpita gravemente è la libertà delle persone di dissentire, di “dire la propria”, ed era inevitabile che prima o poi queste limitazioni arrivassero a colpire ciò che della libertà è massima espressione: la bicicletta.
Oltre che permettere un movimento relativamente libero e creativo in città, la bicicletta rappresenta la riappropriazione di una tecnologia semplice e in grado di rendere indipendente chi la usa, per questo motivo non possiamo aspettarci che il sistema economico (che predilige degli schiavi) ne promuova l’uso.

Hanno tagliato la testa dell’Idra (e continueranno a farlo), ma non conoscono la mitologia e non si aspettano che da questa giornata nascano nuovi rapporti, nuove forze, nuova energia.
Siamo tutti pedalatori e nessuno ha intenzione di farsi assegnare ruoli da fiction americana di basso livello.
Non ci facciamo intimidire.
Sappiamo da che parte stare.

Massa Critica Torino

Questo comunicato è dedicato a Giorgio Faraggiana
Oggi sarebbe il suo compleanno
Torino, 22-03-2019