Risposta al comunicato “La strada (non) è di chi si impone”

Siamo le organizzatrici dell’incontro di letture con dibattito sulla Smart City e sull’ “uomo semplificato” che si è tenuto al cyclocamp durante la Ciemmona 2022 a Torino.
Prendiamo parola per rispondere nel merito delle gravi accuse rivolte a noi in particolare a mezzo di un comunicato non firmato ma con il simbolo della Massa Critica sullo sfondo, diffuso sui social sulla pagina di “Non una di meno Torino” e distribuito tra i partecipanti alla Ciemmona del sabato. Se dovessimo rifarci alle categorie della legge in cui per nulla confidiamo, si tratterebbe di diffamazione.
Due chiarimenti preliminari:
– non è stato “presentato” alcun libro, si sono letti dei passaggi de l'”Uomo semplificato” di Jean-Michel Besnier, che parla della concezione tecnico-scientifica del mondo secondo cui l’efficienza è la porta della felicità, l’intento dell’autore è analizzare ciò che accade quando accettiamo che uno standard tecnologico diventi ciò che ci caratterizza come umani.
– Per quanto riguarda il tema della “smart city” si sono letti dei passaggi del testo del 1973 di Ivan Illich “Elogio della Bicicletta”, traduzione all’italiana del titolo originale “Energia ed Equità”, concentrandoci sui passaggi del testo in cui l’autore tratta della bicicletta come di un mezzo a bassa soglia energetica.
Nel corso del dibattito si è approfondita la teoria di Illich secondo la quale, nel campo della mobilità come anche in altri, a minor consumo energetico corrispondono minori esternalità negative. L’auto privata è un mezzo ad alto consumo energetico e le esternalità che ne derivano sono impartite in maniera ineguale fra la popolazione (utilizzatori/non utilizzatori, ricchi/poveri). Tra queste esternalità oltre alle nocività ed al pericolo, c’è anche il controllo.
Infatti una delle tematiche emerse nella discussione che si è sviluppata è che i moderni urbanisti iniziano a vedere di buon occhio l’idea di monitorare oltre al traffico delle auto anche quello delle biciclette. E questo però appare necessario sempre e solo in funzione della presenza delle auto, ma la ricaduta negativa di ciò la vive chiunque, anche chi utilizza la bici, i pattini o va a piedi, nonostante non inquini e non costituisca un gran pericolo per gli altri.
Ci sono metodi di misurazione che captano solamente il flusso e quindi il numero di bici (caso di Amsterdam) e altri che presuppongono l’utilizzo di telecamere (solo una proposta per ora a Torino), predisposte oltre che per il controllo delle infrazioni ai semafori, anche per l’individuazione della categoria di emissioni dell’auto. Nel dibattito abbiamo concentrato la riflessione sul fatto che si tratti misure proporzionate o meno rispetto allo scopo. Il progetto Argo attivo a Torino prevede invece di monitorare il flusso delle persone attraverso una rete di sorveglianza diffusa (sorveglianza biometrica di massa, riconoscimento facciale e comportamentale) con finalità di “controllare la sicurezza urbana, la sicurezza integrata e la governance della mobilità”, per informazioni a riguardo consiglio la lettura della pagina di Hermes (Center for Transparency and Digital Human Rights). Il progetto in effetti risulta attualmente attivo anche se in corso di verifica da parte del Garante della privacy, verifica che ha ad oggetto essenzialmente le funzioni dell’algoritmo.
Misurare il numero di bici è certamente utile per poter ottenere la delibera di più piste ciclabili. Ma ci si è chiesti se i morti sulle strade o per malattie legate all’apparato respiratorio non siano di per sé già validi argomenti.
Esistono banche dati che vengono create con un preciso scopo, ma può accadere che questo scopo venga cambiato dalla legge o che i dati vengano sottratti illegittimamente, per ragioni commerciali (caso Iren) o di altro tipo (caso Nancy Porsia).
Un esempio che attiene sempre alla libertà di movimento, ma questa volta delle persone migranti, è quanto successo con il database Eurodac che registra i dati biometrici delle persone migranti, inizialmente concepito per registrare il solo primo ingresso in un paese UE e dopo il 2013 utilizzato per monitorare anche i movimenti secondari tra stati, mentre i dati sono stati resi disponibili alle forze dell’ordine ancora per i 3 anni successivi all’ottenimento dello status e sono ora connessi con i dati relativi all’identità. Questo è un caso eclatante per cui la funzione di una tecnologia regolamentata è mutata dal suo scopo iniziale ed è molto probabile che muti ancora in senso maggiormente pervasivo.
Cosa succederebbe se EURODAC e SIS, i database biometrici, si sovrapponessero a quello per il controllo dei visti ETIAS (Eu Travel Information and authorisation system), ad esempio? Accadrebbe che un giovane uomo senza lavoro e famiglia sarebbe un profilo sospetto. Questa e altre proposte di eterodirezione dello scopo sono state discusse più di una volta in sede europea.
Un altro caso noto è quello dei dati venduti. Alcuni anni fa’ la nostra e molte altre città europee sono state invase dai servizi di sharing, uno di essi in particolare, il servizio Gobee facente capo ad una multinazionale cinese, prevedeva l’utilizzo di biciclette controllate attraverso un servizio gps e utilizzabili sono tramite app da Smartphone, alcuni anni fa’ Gobee fallisce contemporaneamente in tutte le città senza apparenti ragioni, nessun buco di bilancio, utenti in crescita. La domanda è che fine hanno fatto i dati di tutte quelle persone? Dati che valgono milioni. Era davvero necessario consegnare tutti i propri dati ad un’app per poter utilizzare una bicicletta e fare in modo che non venga abbandonata in giro? Nella nostra città esiste il servizio Tobike, con qualche disfunzione è attivo da 20 anni e funziona anche tramite tessera magnetica.
Anche la privacy di chi lavora come rider è a serio rischio, la pervasività del controllo che subisce un fattorino in bicicletta appare assolutamente sproporzionata rispetto alla finalità di consegnare il pacco ed è come sappiamo concepita per aumentare il livello di competizione tra lavoratori.
Tutti questi dispositivi spingono l’essere umano ad essere costantemente monitorato in maniera del tutto abnorme ed inevitabilmente ne modificano i comportamenti sociali aumentando il livello di alienazione, rendendolo quindi più propenso a rispondere ad una serie di input in maniera univoca, piuttosto che permettendo la libera espressione della personalità, esercitando l’inventiva e la creatività. Aspetti che non ci paiono di per sè in contrasto con l’attività lavorativa, purchè per lavoro si voglia intendere una attività umana dignitosa e non votata allo sfruttamento. In questo senso si può parlare di tendenza a diventare un “uomo semplificato”.
L’intento del dibattito era quello di problematizzare l’utilizzo delle tecnologie calate sulla popolazione o applicate a noi come singoli utenti, dal momento che siamo abitanti della città post industriale e siamo immersi nella tecnologia. In un contesto urbano non pare utile nè interessante promuovere una linea di pensiero di rifiuto totale di ogni tecnologia, occorre promuovere prima di tutto consapevolezza e sceverare tra le narrazioni e la realtà, perciò siamo felici che si siano sviluppati dei dibattiti davvero interessanti tra le persone presenti, tra chi si occupa di urbanistica o di utilizzo dei dati per la mobilità nel proprio lavoro o negli studi e persone che semplicemente si interrogano su un probabile futuro urbano.
Per rispondere ad una domanda posta durante il dibattito, che chiedeva perchè e in che senso si può parlare anche di transumanesimo, si è risposto analizzando l’etimo del suffisso “trans”: che va oltre, che trascende i limiti, accostato ad “umano” e definendo l’ideologia transumanista che afferma la modernità tecnologica e scientifica al fine di ottenere, a favore della specie umana, benefici fisici e fisiologici (miglioramento della salute e allungamento della vita ), mentali (potenziamento delle capacità intellettive) e sociali (migliore controllo e organizzazione). Tutto ciò ha a che fare anche con la filosofia accelerazionista, che postula il superamento del capitalismo accelerando e non contrastando i processi che lo caratterizzano. Si è detto che l’ideologia sottostante alla “smart city” in effetti si inserisce in questo solco, che presuppone il miglioramento della vita dei suoi abitanti, della loro sicurezza e dell’efficienza degli spostamenti, mantenendoli costantemente connessi e pianificando razionalmente lo spazio che ognuno può e deve occupare. E’ stato d’altra parte fatto notare che la presenza delle auto giochi un peso enorme sulla necessità di tutto questo monitoraggio, sicurezza e controllo – come Illich già affermava a suo tempo – e che ció sia attuato troppo spesso a discapito dello sviluppo di una vita sociale soddisfacente. Una vita vera e degna appunto non può svolgersi senza creatività e libertà d’espressione, questo in tutto e non solo nel campo della mobilità.
In relazione alle critiche rivolte a noi di antiabortiste, omotransfobiche, primitiviste e reazionarie strepitate sui social o al megafono all’apertura del secondo giorno di pedalata interplanetaria aggiungiamo infine che solo chi ha l’abitudine di leggere il titolo di un articolo senza il suo contenuto può assimilare la parola trans-umanesimo a trans-sessualismo, parole che condividono un suffisso. Aggredire con infamie chi ha organizzato un dibattito libero su temi che sono di estrema attualità e che solo menti retrograde possono osar censurare in questa maniera, è stato molto grave, ma per fortuna non ha avuto successo nel rovinare la Ciemmona, nè il dibattito.
Purtroppo però a causa di persone che sabato si sono da subito messe in testa senza ascoltare le proposte della massa, non si è riusciti a passare da due luoghi sotto l’attacco della cementificazione a cui desideravamo portare un saluto, il Pratone di Parella (in questo caso abbiamo rimediato la domenica) e lo spazio Comala, minacciato da Esselunga. Davvero un successone per i nostri detrattori. D’altra parte molti altri luoghi, come il CPR e il carcere, proposti da più parti non sono stati considerati.
Infine sappiate che sia il dibattito che tutto il cyclocamp sono stati vissuti e animati da persone di ogni genere e orientamento sessuale in completa armonia e che la non discriminazione e l’eguaglianza sono per noi valori essenziali quanto la libertà d’espressione.

Sole e Ingrid